Apple e la rivoluzione della comunicazione

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Che la Apple sia da anni sinonimo di innovazione (rivoluzione?) nella comunicazione non è certo una novità. L’azienda di Cupertino ha cambiato in molti modi diversi la nostra vita a partire da quando, ormai 10 anni fa, lanciò quel prodigio tecnologico che fu l’iPhone, dettando nuove leggi a cui tutti, dai competitors ai consumatori, si sono dovuti adeguare.

E proprio qualche giorno fa questo importante anniversario è stato celebrato con una news che ha mandato in brodo di giuggiole tutti i fan della mela morsicata, gli appassionati di tecnologia, i curiosi. Nel corso di un evento nel nuovissimo Steve Job Theatre (all’interno dell’altrettanto nuovo Apple Park), fra le numerose novità presentate è apparso lui, l’iPhone X, uno smartphone tutto schermo (esatto, scompare anche quel piccolo tasto Home) la cui principale caratteristica, oltre alla super avanzata tecnologia, sarà il riconoscimento facciale.

A quanto pare, durante questo evento, le visite ai maggiori siti porno sono calate drasticamente: per parafrasare l’amministratore delegato di FCA Marchionne, “tira più l’iPhone”.

La Apple si riafferma, nonostante critiche e detrattori, colosso mediatico capace di monopolizzare per intere giornate i maggiori feed di news. Questo successo però non si spiega con la sola qualità dei prodotti che vende: certo, sono piccole chicche tecnologiche ed innovative ma, ammettiamolo, tante altre aziende producono ninnoli simili a un miglior prezzo. No, quello che distingue Apple da tutti i suoi competitors è la comunicazione, esempio lampante di come un buon storytelling, stringi stringi, aiuti le vendite.

La Apple non fa spot. La Apple racconta storie.

Ma d’altronde neanche questa è una novità. Si era già capito tutto nel 1984 quando il primo, strepitoso, spot Apple andò in onda durante il Super Bowl. Come dimenticare quella ragazza in pantaloncini arancioni che combatte una società distopica ispirata al celeberrimo romanzo di Orwell (se non vi suona familiare, rinfrescatevi la memoria con il video sottostante)?


Da allora la comunicazione di Apple si è insinuata nelle nostre case raccontandoci storie che perpetrano quell’ideale tanto caro a Steve Jobs, Think Different, pensa diversamente, canta fuori dal coro, sperimenta, osa; noi ti forniamo il mezzo per farlo. Insieme ai prodotti arrivava anche una filosofia, positiva e innovativa, portatrice di speranza e buoni propositi: è questa che compriamo in un Apple Store.

Gli spot odierni, pensati principalmente per il web, raccontano un mondo in cui la tecnologia diventa strumento di creazione nella mani di coloro che vogliono fare la differenza. I protagonisti sono gente comune, le stesse persone che, dall’altra parte dello schermo, guardano la pubblicità e pensano a quello che potrebbero fare con lo strumento giusto. L’atleta che ottiene risultati insperati, il giovane programmatore che con un’app innovativa aiuta i suoi concittadini, il ragazzo autistico che ritrova la propria voce. Frankestein che viene accolto dal villaggio e tutti insieme augurano buon Natale. Taylor Swift che canta una canzone di Drake mentre rovinosamente cade dal tapis roulant. Drake che canta una canzone di Taylor Swift mentre rimane bloccato sotto un bilanciere. The Rock che conversa con Siri.

Credo che l’insegnamento più importante che si possa ricavare dalla comunicazione Apple degli ultimi… beh 30 anni, sia la creazione di contenuti promozionali che perdono lo stato di mera pubblicità per trovare una dignità propria, come veri contenuti fruibili anche fuori dal contesto di advertising. Molte aziende stanno seguendo questo esempio virtuoso, basti pensare a Ceres, alle ormai celeberrime onoranze funebri Taffo, agli strepitosi post di Netflix.

Un invito all’acquisto, dunque, che si fonde con messaggio sociale e informazione, in cui, tra l’altro, il prodotto compare sempre meno. Un aspetto questo da accomunare alla comunicazione ambientale, da sempre foriera di una buona reputazione quando legata ad un’azienda.

Tutto ciò per ricordarvi l’importanza di una buona brand reputation, di uno storytelling continuativo e consapevole e di una buona dose di sana e sfrontata creatività.

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