Sul numero di Maggio 2022 di Business People è uscito un’estratto di una mia intervista in merito al report di UNA che parla di sette nuovi trend per il 2022 nella comunicazione a cura di Marta Ottaviani. L’intervista è di spalla ad un’approfondimento che la nota giornalista fa in merito al Report stesso. Sotto ci tengo a riportare l’intervista completa così da poter cogliere per intero il mio pensiero in merito.
Come la pandemia ha cambiato il modo di fare comunicazione?
La pandemia non ha cambiato il modo di fare comunicazione. La pandemia ha cambiato le persone e il loro approccio alla vita. E questo ha influenzato le scelte di chi fa comunicazione.
Le aziende e gli operatori del mio settore si sono dovuti fermare a riflettere, forse per la prima volta, su tutti gli strumenti a disposizione, a rimodularli e a ridefinirne l’uso in funzione del cambiamento.
Il report di UNA parla di sette nuovi trend per il 2022 nella comunicazione. Quali sono quelle sulle quali lei sta investendo maggiormente?
Sono sicuramente due:
Il primo riguarda la consapevolezza acquisita dalle persone e la loro voglia di autodeterminarsi e di riflettere su acquisti e comportamenti ragionati e consapevoli.
A tal proposito sto puntando su una comunicazione chiara, trasparente e formativa, dove la persona è al centro del progetto.
La svolta digitale e la multicanalità ci permettono di attivare iniziative su un sempre maggior numero di buyer personas in grado di frammentizzare l’offerta comunicativa quasi ad personam andando a strutturare messaggi su misura per categorie molto ristrette e con necessità peculiari.
Tra i miei ultimi lavori prendo ad esempio la collaborazione con la cooperativa Erica per la società Enval del Gruppo Greenthesis di cui sto curando tutta la comunicazione digitale. Il primo passo? Essere il primo impianto di trattamento e smaltimento a trasmettere al cittadino tutti i dati in modo chiaro e diretto attraverso la home page del sito. Svolgere approcci di customer care mirati alle esigenze del cittadino, attivare campagne social sul singolo rifiuto. Focalizzare sulla formazione per attivare la leva della consapevolezza e accrescere una coscienza ambientale.
Il secondo fattore su cui sto puntando è sicuramente considerare la comunicazione online come nuova frontiera sociale.
In particolare sto lavorando sulle aziende incoraggiandole a investire sulle possibilità offerte dal metaverso e dall’AR, la realtà aumentata.
Indubbiamente, anche a fronte dei grossi investimenti in atto, questo sarà uno dei possibili futuri della comunicazione e bisogna fin da subito cercare di capire e sperimentare come questa nuova realtà possa essere piegata agli usi della comunicazione.
Oltre ai trend evidenziati dal report UNA ci sono altre tendenze che secondo voi vanno evidenziate?
Sicuramente oltre alla pandemia anche la guerra in Ucraina influenzerà il nostro modo di comunicare e ci porterà ad una nuova riflessione sulle piattaforme soprattutto social. Fin da subito alle persone è stato chiaro come le parti in causa utilizzino i social per la propria propaganda e di come gli stessi siano inondati da notizie ed immagini non sempre attendibili. Sarà necessario verificare se da qui a pochi mesi la fiducia sui socialnetwork non subirà variazioni, obbligando all’ utilizzo di piattaforme alternative.
È già possibile verificare come siano cambiate le statistiche del mail-marketing di alcuni clienti che lavorano sul mercato russo. Siamo passati da un tasso di apertura intorno al 30% per il btob ad un 40% con evidenti tassi di crescita in meno di 15gg.
Credo che dovremmo rivalutare le tendenze in funzione dei nuovi dati che arriveranno (soprattutto paura ed incertezza) e su questa base lavorare su una comunicazione della “sicurezza” che tranquillizzi e sostenga. Sono convinto che dovremmo inventarci la comunicazione del caldo abbraccio e non le nego che presto inizierò a sperimentare in tal senso.
Secondo la sua esperienza professionale, quali di questi sette trend secondo lei sono i più difficili da implementare?
Sicuramente la sempre maggiore consapevolezza sul valore della privacy sarà una dei temi caldi, tanto caldi che sono certo che qualcuno ne rimarrà scottato. Le persone stanno iniziando a comprendere il valore economico dei propri dati. Si dovrà pertanto porre maggiore attenzione rispetto comunicazione dell’uso di tali dati e dell’ostentazione della gratuità del proprio servizio. La gente inizia a vedere questo assioma anche su internet e presto bisognerà essere bravi a comunicare queste problematiche. Chi non lo farà vedrà a rischio non solo la propria credibilità ma anche la sostenibilità di alcuni business che dei nostri dati fanno la loro fortuna.
Anche la brand purpose avrà la sua grande dose di difficoltà. Soprattutto per quanto riguarda il tema della sostenibilità. Il green washing realizzato in questi anni sta iniziando a emergere come pratica scorretta e i consumatori si aspettano ora la vera svolta. Le aziende purtroppo non sono ancora pronte. La completa tracciabilità della filiera che andrebbe oggi mostrata apertamente, soprattutto nel settore moda dove i consumatori gridano a gran voce desiderio di sostenibilità, purtroppo la maggior parte dei fornitori non è ancora pronta per questo grande salto e spesso i dati non sarebbero ancora così “green”. Ci sono però realtà pronte a questo passaggio ma qui troviamo un altro scoglio: le aziende btoc non si fidano di ciò che di fatto sembrerebbe un co-branding legato a vecchie leggi di mercato e che oggi, nel mercato della sostenibilità, lasciano il tempo che trovano. Le grandi aziende dovrebbero aiutare le attività dell’indotto a fare una buona comunicazione e aprirsi a collaborazioni invece di rimanere chiusi nei loro castelli dorati. Ancora non hanno ben capito che la loro reputazione passerà sempre di più attraverso tutte quelle piccole aziende che rendono possibile il loro prodotto.